AZIONI
POSITIVE PER LE PARI OPPORTUNITA': IDEE PER REALIZZARLE
1)
promuovere e valorizzare misure idonee a tutelare la salute
– intesa come stato di benessere fisico, mentale e sociale di
chi lavora e studia e incentivare le indagini e le rilevazioni
orientate a evidenziare le differenze di genere nella salute,
con particolare riferimento ai fattori di rischio, prevenzione,
cronicità, disabilità, salute riproduttiva;
2) dare impulso ad azioni di empowerment in grado di accrescere
la consapevolezza delle donne e la loro capacità di scelta
(azioni di orientamento, di counseling, di promozione dell’autostima
etc.), nell’intento di riconoscere e valorizzare le differenze
di ciascuno, agendo affinché tali differenze non impediscano,
in modo diretto o indiretto, il godimento di diritti e la realizzazione
di sé;
3)
esprimere ai sensi della normativa in vigore, parere obbligatorio
e preventivo sulle proposte di interesse generale riguardanti
la gestione del personale, nonché i progetti e gli interventi
di formazione, organizzazione e ristrutturazione dell'ambiente
lavorativo;
4)
Costituire Commissioni di lavoro a rotazione richiesti dalla
normativa in materia che formulino proposte affinché
ne si realizzi un effettivo equilibrio di rappresentanza femminile;
5)
valutare lo stato di attuazione e vigila sull’applicazione delle
leggi di parità da parte dell’Amministrazione, che a
tal fine è tenuta a fornire al Commissione medesima i
documenti e le informazioni necessari per l’espletamento di
questa funzione;
6)
nel caso di discriminazioni dirette o indirette o di comportamenti
lesivi della dignità della persona, rilevati d’ufficio
o su denuncia oppure emersi da rilevamento statistico, promuove
gli opportuni rimedi volti a conseguirne la rimozione;
7)
sollecitare la partecipazione delle donne in tutti i settori
di loro interesse non solo strettamente professionale, ma anche
culturale, politico e di impegno sociale; promuovere, a tal
fine, occasioni di confronto culturale sulla condizione femminile
e sull’immagine della donna, contribuendo alla elaborazione
di comportamenti conformi agli obiettivi della parità
e delle pari opportunità;
8))
curare la raccolta e la divulgazione della legislazione riguardante
le donne e dell’attività promossa e svolta dalla Commisione,
mediante la creazione di un proprio sito in rete contenente
tutti i dati utili;
9)
promuovere e/o organizzare attività culturali finalizzate
alla conoscenza e all’acquisizione di un’identità di
genere, alla convivenza, alla solidarietà e al rispetto
reciproco tra donne e uomini. Può dare, altresì,
il proprio patrocinio a iniziative sulla condizione femminile
organizzate da altri organismi e istituzioni;
10)
recepire le istanze attinenti alla condizione femminile nell'ambito
del Comune, svolgere attività di consulenza nell’ambito
delle proprie competenze.
LEGGI
SULLA PARITA'
1.Legge
10 aprile 1991, n. 125, “Azioni positive per la realizzazione
della parità uomo-donna nel lavoro”;
2.Direttiva
Prodi-Finocchiaro 27 marzo 1997, “Azioni volte a promuovere
l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne,
a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità
sociale a donne e uomini”;
3.D.P.C.M.
28 ottobre 1997, n. 405, “Regolamento recante istituzione ed
organizzazione del Dipartimento per le pari opportunità
nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri”;
4.Verifica
dell’applicazione della Direttiva Prodi-Finocchiaro a tre anni
dalla sua emanazione;
5.Legge
8 marzo 2000 sui congedi parentali;
6.Delega
al ministro Katia Bellillo 8 maggio 2000;
7.Decr.
legisl. 23 maggio 2000, n. 196, “Disciplina dell’attività
delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni
in materia di azioni positive…”;
8.Programma-obiettivo
per la promozione della presenza delle donne dentro le organizzazioni
e per rendere le organizzazioni amiche delle donne, (G.U. 18.9.2000);
9.Decreto
15 marzo 2001, “Disciplina delle modalità di presentazione,
valutazione e finanziamento dei progetti di azione positiva
per la parità uomo-donna nel lavoro di cui alla legge
10 aprile 1991, n. 125”.
Legge
125 del 10 aprile 1991
Azioni positive per la realizzazione della parita' uomo-donna
nel lavoro.
Art.1
Finalita'
1.
Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo
di favorire, l'occupazione femminile e di realizzare, l'uguaglianza
sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l'adozione
di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine
di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione
di pari opportunita'.
2.
Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo
scopo di:
a) eliminare le disparita' di fatto di cui le donne sono oggetto
nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al
lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa
e nei periodi di mobilita';
b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle
donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e
professionale e gli strumenti della formazione; favorire l'accesso
al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione
professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici;
c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro
che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti
dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell'avanzamento
professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico
e retributivo;
d) promuovere l'inserimento delle donne nelle attivita', nei
settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate
e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai
livelli di responsabilita';
e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro,
delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilita'
familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali
responsabilita' tra i due sessi.
3.
Le azioni positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere promosse
dal Comitato di cui all'articolo 5 e dai consiglieri di parita'
di cui all'articolo 8, dai centri per la parita' e le pari opportunita'
a livello nazionale, locale e aziendale, comunque denominati,
dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione
professionale, delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali,
anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o
degli organismi rappresentativi del personale di cui all'articolo
25 della legge 29 marzo 1983, n. 93
Art. 2
Attuazione
di azioni positive, finanziamenti.
1.
Le imprese, anche in forma cooperativa i loro consorzi, gli
enti pubblici economici, le associazioni sindacali dei lavoratori
e i centri di formazione professionale che adottano i progetti
di azioni positive di cui all'articolo 1, possono richiedere
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere
ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi
all'attuazione dei predetti progetti ad eccezione di quelli
di cui all'articolo 3.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito
il Comitato di cui all'articolo 5, ammette i progetti di azioni
positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso provvedimento,
autorizza le relative spese. L'attuazione dei progetti di cui
al comma 1 deve comunque avere inizio entro due mesi dal rilascio
dell'autorizzazione.
3. Con decreto emanato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono stabilite
le modalita' di presentazione delle richieste, di erogazione
dei fondi e dei tempi di realizzazione del progetto. In ogni
caso i contributi devono essere erogati sulla base della verifica
dell'attuazione del progetto di azioni positive, o di singole
parti, in relazione alla complessita' del progetto stesso. La
mancata attuazione del progetto comporta la decadenza del beneficio
e la restituzione delle somme eventualmente gia' riscosse. In
caso di attuazione parziale, la decadenza opera limitatamente
alla parte non attuata, la cui valutazione e' effettuata in
base ai criteri determinati dal decreto di cui al presente comma.
4. I progetti di azioni concordate dai datori di lavoro con
le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul
piano nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio di
cui al comma 1.
5. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione
di programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di
quelli di cui all'articolo 3, e' subordinato al parere del Comitato
di cui all'articolo 5.
6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
le regioni, le province, i comuni e tutti gli enti pubblici
non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi
rappresentativi del personale di cui all'articolo 25 della legge
29 marzo 1983, n. 93, o in loro mancanza, le organizzazioni
sindacali locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative
sul piano nazionale, sentito inoltre, in relazione alla sfera
d'azione della propria attivita', il Comitato di cui all'articolo
5 o il consigliere di parita' di cui all'articolo 8, adottano
piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito
rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono
la piena realizzazione di pari opportunita' di lavoro e nel
lavoro tra uomini e donne.
Art. 3
Finanziamento
delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale
1.
Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento
dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, autorizzati secondo
le procedure previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge
21 dicembre 1978, n. 845, ed approvati dal Fondo sociale europeo,
e' destinata una quota del Fondo di rotazione istituito dall'articolo
25 della stessa legge, determinata annualmente con deliberazione
del Comitato interministeriale per la programmazione economica.
In sede di prima applicazione la predetta quota e' fissata nella
misura del dieci per cento.
2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento
dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, viene accertata,
entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere
attuata, dalla commissione regionale per l'impiego. Scaduto
il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di
cui all'articolo 5.
3. La quota del Fondo d; rotazione di cui al comma 1 e' ripartita
tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi
richiesti per i progetti approvati.
Art. 4
Azioni
in giudizio
1.
Costituisce discriminazione, ai sensi della legge 9 dicembre
1977, n. 903, qualsiasi atto o comportamento che produca un
effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta
i lavoratori in ragione del sesso.
2. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole
conseguente alla adozione di criteri che svantaggino in modo
proporzionale maggiore i lavoratori dell'uno o dell'altro sesso
e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attivita'
lavorativa.
3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate
da imprese private e pubbliche la prestazione richiesta deve
essere accompagnata dalle parole "dell'uno o dell'altro
sesso", fatta eccezione per i casi in cui il riferimento
al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del
lavoro o della prestazione.
4. Che intende agire in giudizio per la dichiarazione delle
discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi
delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi,
puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo
410 del codice di procedura civile anche tramite il consigliere
di parita' di cui all'articolo 8, comma 2, competente per territorio.
5. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti
anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni,
ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche,
ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti
- idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione
dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori in ragione
del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza
della discriminazione.
6. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un
comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche
quando non siano individuabili in modo immediato e diretto i
lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso puo' essere
proposto dal consigliere di parita' istituito a livello regionale,
previo parere non vincolante del collegio istruttorio di cui
all'articolo 7, da allegare al ricorso stesso, e sentita la
commissione regionale per l'impiego. Decorso inutilmente il
termine di trenta giorni dalla richiesta del parere al collegio
istruttorio, il ricorso puo' essere comunque proposto.
7. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni
sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 6, ordina
al datore di lavoro di definire, sentite le rappresentanze sindacali
aziendali ovvero, in loro mancanza, le organizzazioni sindacali
locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
sul piano nazionale, nonche' il consigliere regionale per la
parita' competente per territorio, un piano di rimozione delle
discriminazioni accertate. Nella sentenza il giudice fissa un
termine per la definizione del piano. 8. In caso di mancata
ottemperanza alla sentenza di cui al comma 7 si applica l'articolo
650 del codice penale richiamato dall'articolo 15 della legge
9 dicembre 1977, n. 903 .
9. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori
ai sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da imprenditori ai
quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti
leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di
appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi
o di forniture, viene comunicato immediatamente dall'ispettorato
del lavoro ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta
la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano
le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la
revoca del beneficio e, nei casi piu' gravi o nel caso di recidiva,
possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo
di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione
di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi
appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti
di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi
da enti pubblici, ai quali l'ispettorato del lavoro comunica
direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle
sanzioni previste.
10. Resta fermo quanto stabilito dall'articolo 15 della legge
9 dicembre 1977, n. 903.
Art. 5
Comitato
nazionale per l'attuazione dei principi di parita' di trattamento
ed uguaglianza di opportunita' tra lavoratori e lavoratrici
1.
Al fine di promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori
per sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l'uguaglianza
delle donne nell'accesso al lavoro e sul lavoro e la progressione
professionale e di carriera e' istituito, presso il Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, il Comitato nazionale
per l'attuazione dei principi di parita' di trattamento ed uguaglianza
di opportunita' tra lavoratori e lavoratrici.
2. Fanno parte del Comitato:
a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per
sua delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di presidente;
b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali
dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali
dei datori di lavoro dei diversi settori economici, maggiormente
rappresentative sul piano nazionale;
d) un componente designato unitariamente dalle associazioni
di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo
piu' rappresentative sul piano nazionale;
e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti
femminili piu' rappresentativi sul piano nazionale operanti
nel campo della parita' e delle pari opportunita' nel lavoro;
f) il consigliere di parita' componente la commissione centrale
per l'impiego.
3. Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto
di voto:
a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche,
con competenze in materia di lavoro;
b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della
pubblica istruzione, di grazia e giustizia, degli affari esteri,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Dipartimento
della funzione pubblica;
c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale con qualifica non inferiore a quella di primo dirigente,
in rappresentanza delle Direzioni generali per l'impiego, dei
rapporti di lavoro, per l'osservatorio del mercato del lavoro,
della previdenza ed assistenza sociale nonche' dell'ufficio
centrale per l'orientamento e la formazione professionale dei
lavoratori.
4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono
nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
Per ogni componente effettivo e' nominato un supplente.
5. Il Comitato e' convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano richiesta
meta' piu' uno dei suoi componenti.
6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e
a quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica
di cui all'articolo 7, nonche' in ordine alle relative spese.
7. Il vicepresidente del Comitato e' designato dal Ministro
del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi componenti.
Art. 6
Compiti
del Comitato
1.
Per il perseguimento delle finalita' di cui all'articolo 5,
comma 1, il Comitato adotta ogni iniziativa utile ed in particolare:
a) formula proposte sulle questioni generali relative all'attuazione
degli obiettivi della parita' e delle pari opportunita', nonche'
per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente
che direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle donne;
b) informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessita'
di promuovere le pari opportunita' per le donne nella formazione
e nella vita lavorativa;
c) promuove l'adozione di azioni positive da parte delle istituzioni
pubbliche preposte alla politica del lavoro, nonche' da parte
dei soggetti di cui all'articolo 2;
d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti
di azioni positive ed opera il controllo sui progetti in itinere
verificandone la corretta attuazione e l'esito finale;
e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le
regole di condotta conformi alla parita' e ad individuare le
manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
f) verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente
in materia di parita';
g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando
gli interessati all'adozione di piani di azioni positive per
la rimozione delle discriminazioni pregresse e la creazione
di pari opportunita' per le lavoratrici;
h) puo' richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire presso
i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale
maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni,
della formazione e promozione professionale;
i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi
pubblici nazionali e locali competenti in materia di lavoro
e formazione professionale;
l) redige il rapporto di cui all'articolo 10.
Art. 7
Collegio
istruttorio e segreteria tecnica
1.
Per l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla
rimozione delle discriminazioni e per la redazione dei pareri
del Comitato di cui all'articolo 5 e ai consiglieri di parita',
e' istituito un collegio istruttorio cosi' composto:
a) il vicepresidente del Comitato di cui all'articolo 5, che
lo presiede;
b) un magistrato designato dal Ministero di grazia e giustizia
fra quelli che svolgono funzioni di giudice del lavoro;
c) un dirigente superiore del ruolo dell'ispettorato del lavoro;
d) gli esperti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a);
e) il consigliere di parita' di cui all'articolo 8, comma 4.
2.
Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti
di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta del Comitato
di cui all'articolo 5, possono essere elevati a due.
3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al
supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio e'
istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle
dipendenze della presidenza del Comitato ed e' composta di personale
proveniente dalle varie direzioni generali del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, coordinato da un dirigente
generale del medesimo Ministero. La composizione della segreteria
tecnica e' determinata con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, sentito il Comitato.
4. Il Comitato ha facolta' di deliberare in ordine alla stipula
di convenzioni per la effettuazione di studi e ricerche.
Art. 8
Consiglieri
di parita'
1.
I consiglieri di parita' di cui al decreto-legge 30 ottobre
1984, n. 726 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19
dicembre 1984, n. 863, sono componenti a tutti gli effetti delle
rispettive commissioni regionali per l'impiego.
2. A livello provinciale e' nominato un consigliere di parita'
presso la commissione circoscrizionale per l'impiego che ha
sede nel capoluogo di provincia, con facolta' di intervenire
presso le altre commissioni circoscrizionali per l'impiego operanti
nell'ambito della medesima provincia.
3. I consiglieri di parita' di cui ai commi 1 e 2 sono nominati
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
del competente organo delle regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e
devono essere scelti tra persone che abbiano maturato un'esperienza
tecnico-professionale di durata almeno triennale nelle materie
concernenti l'ambito della presente legge.
4. Il consigliere di parita' di cui all'articolo 4, comma 2,
della legge 28 febbraio 1987, n. 56 , e' componente con voto
deliberativo della commissione centrale per l'impiego.
5. Qualora si determini parita' di voti nelle commissioni di
cui ai commi 1, 2 e 4 prevale il voto del presidente. 6. Oltre
ai compiti ad essi assegnati dalla legge nell'ambito delle competenze
delle commissioni circoscrizionali, regionali e centrale per
l'impiego, i consiglieri di parita' svolgono ogni utile iniziativa
per la realizzazione delle finalita' della presente legge. Nell'esercizio
delle funzioni loro attribuite, i consiglieri di parita' sono
pubblici funzionari e hanno l'obbligo di rapporto all'autorita'
giudiziaria per i reati di cui vengono a conoscenza nell'esercizio
delle funzioni medesime. I consiglieri di parita', ai rispettivi
livelli, sono componenti degli organismi di parita' presso gli
enti locali regionali e provinciali.
7. Per l'espletamento dei propri compiti i consiglieri di parita'
possono richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire presso
i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale
maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni,
della formazione e promozione professionale.
8. I consiglieri di parita' di cui al comma 2 e quelli regionali
competenti per territorio, ferma restando l'azione in giudizio
di cui all'articolo 4, comma 6, hanno facolta' di agire in giudizio
sia nei procedimenti promossi davanti al pretore in funzione
di giudice del lavoro che davanti al tribunale amministrativo
regionale su delega della lavoratrice ovvero di intervenire
nei giudizi promossi dalla medesima ai sensi dell'articolo 4.
9. I consiglieri di parita' ricevono comunicazioni sugli indirizzi
dal Comitato di cui all'articolo 5 e fanno ad esso relazione
circa la propria attivita'. I consiglieri di parita' hanno facolta'
di consultare il Comitato e il consigliere nazionale di parita'
su ogni questione ritenuta utile.
10. I consiglieri di parita' di cui ai commi 1, 2 e 4, per l'esercizio
delle loro funzioni, sono domiciliati rispettivamente presso
l'ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione,
l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione
e presso una direzione generale del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale. Tali uffici assicurano la sede, l'attrezzatura,
il personale e quanto necessario all'espletamento delle funzioni
dei consiglieri di parita'. Il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con proprio decreto, puo' modificare la collocazione
del consigliere di parita' nell'ambito del Ministero.
11. Oltre al gettone giornaliero di presenza per la partecipazione
alle riunioni delle commissioni circoscrizionali, regionali
e centrale per l'impiego, spettano ai consiglieri di parita'
gettoni dello stesso importo per le giornate di effettiva presenza
nelle sedi dove sono domiciliati in ragione del loro ufficio,
entro un limite massimo fissato annualmente con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale. L'onere relativo
fa carico al bilancio del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
12. Il consigliere di parita' ha diritto, se lavoratore dipendente,
a permessi non retribuiti per l'espletamento del suo mandato.
Quando intenda esercitare questo diritto, deve darne comunicazione
scritta al datore di lavoro, di regola tre giorni prima.
Art. 9
Rapporto
sulla situazione del personale
1.
Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti
sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla
situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle
professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della
formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei
passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilita',
dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti,
dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente
corrisposta (6/a).
2. Il rapporto di cui al comma 1 e' trasmesso alle rappresentanze
sindacali aziendali e al consigliere regionale di parita'.
3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla
data di entrata in vigore della presente legge, in conformita'
alle indicazioni definite, nell'ambito delle specificazioni
di cui al comma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma
1 non trasmettano il rapporto, l'ispettorato regionale del lavoro,
previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le
aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di
inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo
11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955,
n. 520 (7). Nei casi piu' gravi puo' essere disposta la sospensione
per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda.
Art. 10
Relazione
al Parlamento
1.
Trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale riferisce,
entro trenta giorni, alle competenti commissioni parlamentari
del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati sull'attuazione
della legge stessa, sulla base di un rapporto redatto dal Comitato
di cui all'articolo 5.
Art. 11
Copertura
finanziaria
1.
Per il funzionamento degli organi di cui agli articoli 5 e 7,
a decorrere dal 1991, e' autorizzata la spesa di lire 1.000
milioni annui. Per il finanziamento degli interventi previsti
dall'articolo 2 e' autorizzata, a decorrere dal 1991, la spesa
di lire 9.000 milioni annui. Con decreto del Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del
tesoro, viene stabilita la misura del compenso da corrispondere
ai componenti del Comitato nazionale di cui all'art. 5 e del
Collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'art.
7 (8).
2. All'onere di lire 10.000 milioni annui nel triennio 1991-1993
si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo
6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l'anno 1991 utilizzando l'accantonamento "Finanziamento
del Comitato nazionale per la parita' presso il Ministero e
delle azioni positive per le pari opportunita'".
3. Il Ministro del tesoro e' autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
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