Legge
10 aprile 1991, n. 125
Azioni positive per la realizzazione della parità
uomo-donna nel lavoro
(G.U. n. 88 del 15.04.1991)
Art.
1
(Finalità)
1.
Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo
di favorire l'occupazione femminile e di realizzare, l'uguaglianza
sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l'adozione
di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine
di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione
di pari opportunità.
2.
Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo
scopo di:
a)
eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono
oggetto nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso
al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa
e nei periodi di mobilità;
b)
favorire la diversificazione delle scelte professionali delle
donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e
professionale e gli strumenti della formazione; favorire l'accesso
al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione
professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici;
c)
superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro
che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti
dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell'avanzamento
professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico
e retributivo;
d)
promuovere l'inserimento delle donne nelle attività,
nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono
sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente
avanzati ed ai livelli di responsabilità;
e)
favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro,
delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilità
familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali
responsabilità tra i due sessi.
3.
Le azioni positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere promosse
dal Comitato di cui all'articolo 5 e dai consiglieri di parità
di cui all'articolo 8, dai centri per la parità e le
pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale,
comunque denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati,
dai centri di formazione professionale, dalle organizzazioni
sindacali nazionali e territoriali, anche su proposta delle
rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi
del personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo 1983,
n. 93.
Art.
2
(Attuazione
di azioni positive, finanziamenti)
1.
Le imprese, anche in forma cooperativa, i loro consorzi, gli
enti pubblici economici, le associazioni sindacali dei lavoratori
e i centri di formazione professionale che adottano i progetti
di azioni positive di cui all'articolo 1, possono richiedere
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere
ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi
all'attuazione dei predetti progetti ad eccezione di quelli
di cui all'articolo 3.
2.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il
Comitato di cui all'articolo 5, ammette i progetti di azioni
positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo stesso provvedimento,
autorizza le relative spese. L'attuazione dei progetti di cui
al comma 1 deve comunque avere inizio entro due mesi dal rilascio
dell'autorizzazione.
3.
Con decreto emanato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono stabilite
le modalità di presentazione delle richieste, di erogazione
dei fondi e dei tempi di realizzazione del progetto. In ogni
caso i contributi devono essere erogati sulla base della verifica
dell'attuazione del progetto di azioni positive, o di singole
parti, in relazione alla complessità del progetto stesso.
La mancata attuazione del progetto comporta la decadenza del
beneficio e la restituzione delle somme eventualmente già
riscosse. In caso di attuazione parziale, la decadenza opera
limitatamente alla parte non attuata, la cui valutazione è
effettuata in base ai criteri determinati dal decreto di cui
al presente comma.
4.
I progetti di azioni positive concordate dai datori di lavoro
con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
sul piano nazionale hanno precedenza nell'accesso al beneficio
di cui al comma 1.
5.
L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione di
programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di quelli
di cui all'articolo 3, è subordinato al parere del Comitato
di cui all'articolo 5.
6.
Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
le regioni, le province, i comuni e tutti gli enti pubblici
non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi
rappresentativi del personale di cui all'articolo 25 della legge
29 marzo 1983, n. 93, o in loro mancanza, le organizzazioni
sindacali locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative
sul piano nazionale, sentito inoltre, in relazione alla sfera
d'azione della propria attività, il Comitato di cui all'articolo
5 o il consigliere di parità di cui all'articolo 8, adottano
piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito
rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono
la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro
e nel lavoro tra uomini e donne.
Art.
3
(Finanziamento
delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale)
1.
Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento
dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, autorizzati secondo
le procedure previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge
21 dicembre 1978, n. 845, ed approvati dal Fondo sociale europeo,
è destinata una quota del fondo di rotazione istituito
dall'articolo 25 della stessa legge, determinata annualmente
con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione
economica. In sede di prima applicazione la predetta quota è
fissata nella misura del dieci per cento.
2.
La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento
dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, viene accertata,
entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere
attuata, dalla commissione regionale per l'impiego. Scaduto
il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di
cui all'articolo 5.
3.
La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita
tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi
richiesti per i progetti approvati.
Art.
4
(Azioni
in giudizio)
1.
Costituisce discriminazione, ai sensi della legge 9 dicembre
1977, n. 903, qualsiasi atto o comportamento che produca un
effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta
i lavoratori in ragione del sesso.
2.
Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole
conseguente alla adozione di criteri che svantaggino in modo
proporzionalmente maggiore i lavoratori dell'uno o dell'altro
sesso e riguardino i requisiti non essenziali allo svolgimento
dell'attività lavorativa.
3.
Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate da
imprese private e pubbliche la prestazione richiesta deve essere
accompagnata dalle parole "dell'uno o dell'altro sesso",
fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca
requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione.
4.
Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni
ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure
di conciliazione previste dai contratti collettivi, può
promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo
410 del codice di procedura civile anche tramite il consigliere
di parità di cui all'articolo 8, comma 2, competente
per territorio.
5.
Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti anche
da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai
regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche,
ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti
- idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione
dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori in ragione
del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza
della discriminazione.
6.
Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento
discriminatorio di carattere collettivo, anche quando non siano
individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi
dalle discriminazioni, il ricorso può essere proposto
dal consigliere di parità istituito al livello regionale,
previo parere non vincolante del collegio istruttorio di cui
all'articolo 7, da allegare al ricorso stesso, e sentita la
commissione regionale per l'impiego. Decorso inutilmente il
termine di trenta giorni dalla richiesta del parere al collegio
istruttorio, il ricorso può essere comunque proposto.
7.
Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla
base del ricorso presentato ai sensi del comma 6, ordina al
datore di lavoro di definire, sentite le rappresentanze sindacali
aziendali ovvero, in loro mancanza, le organizzazioni sindacali
locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
sul piano nazionale, nonché il consigliere regionale
per la parità competente per territorio, un piano di
rimozione delle discriminazioni accertate. Nella sentenza il
giudice fissa un termine per la definizione del piano.
8.
In caso di mancata ottemperanza alla sentenza di cui al comma
7 si applica l'articolo 650 del codice penale richiamato dall'articolo
15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
9.
Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai
sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da imprenditori ai quali
siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi
dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto
attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di
forniture, viene comunicato immediatamente dall'ispettorato
del lavoro ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta
la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano
le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la
revoca del beneficio e, nei casi più gravi o nel caso
di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile
per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore
concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero
da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando
si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di
appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'ispettorato del
lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per
l'adozione delle sanzioni previste.
10.
Resta fermo quanto stabilito dall'articolo 15 della legge 9
dicembre 1977, n. 903.
Art.
5
(Comitato
nazionale per l'attuazione dei principi di parità di
trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori
e lavoratrici)
1.
Al fine di promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori
per sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l'uguaglianza
delle donne nell'accesso al lavoro e sul lavoro e la progressione
professionale e di carriera è istituito, presso il Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, il Comitato nazionale
per l'attuazione dei principi di parità di trattamento
ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
2.
Fanno parte del Comitato:
a)
il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua
delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di presidente;
b)
cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei
lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
c)
cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei
datori di lavoro dei diversi settori economici, maggiormente
rappresentative sul piano nazionale;
d)
un componente designato unitariamente dalle associazioni di
rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo
più rappresentative sul piano nazionale;
e)
undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti
femminili più rappresentativi sul piano nazionale operanti
nel campo della parità e delle pari opportunità
nel lavoro;
f)
il consigliere di parità componente la commissione centrale
per l'impiego.
3.
Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto
di voto:
a)
sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche,
con competenze in materia di lavoro;
b)
cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della
pubblica istruzione, di grazia e giustizia, degli affari esteri,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Dipartimento
della funzione pubblica;
c)
cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale con qualifica non inferiore a quella di primo dirigente,
in rappresentanza delle Direzioni generali per l'impiego, dei
rapporti di lavoro, per l'osservatorio del mercato del lavoro,
della previdenza ed assistenza sociale nonché dell'ufficio
centrale per l'orientamento e la formazione professionale dei
lavoratori.
4.
I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per ogni
componente effettivo è nominato un supplente.
5.
Il Comitato è convocato, oltre che ad iniziativa del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano
richiesta metà più uno dei suoi componenti.
6.
Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a
quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica di
cui all'art. 7, nonché in ordine alle relative spese.
7.
Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro
del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi componenti.
Art.
6
(Compiti
del Comitato)
1.
Per il perseguimento delle finalità di cui all'art. 5,
comma 1, il Comitato adotta ogni iniziativa utile ed in particolare:
a)
formula proposte sulle questioni generali relative all'attuazione
degli obiettivi della parità e delle pari opportunità,
nonché per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione
vigente che direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle
donne;
b)
informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessità
di promuovere le pari opportunità per le donne nella
formazione e nella vita lavorativa;
c)
promuove l'adozione di azioni positive da parte delle istituzioni
pubbliche preposte alla politica del lavoro, nonché da
parte dei soggetti di cui all'art. 2;
d)
esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti
di azioni positive ed opera il controllo sui progetti in itinere
verificandone la corretta attuazione e l'esito finale;
e)
elabora codici di comportamento diretti a specificare le regole
di condotta conformi alla parità e ad individuare le
manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
f)
verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente
in materia di parità;
g)
propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando
gli interessati all'adozione di piani di azioni positive per
la rimozione delle discriminazioni pregresse e la creazione
di pari opportunità per le lavoratrici;
h)
può richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire
presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale
maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni,
della formazione e promozione professionale;
i)
promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi
pubblici nazionali e locali competenti in materia di lavoro
e formazione professionale;
l)
redige il rapporto di cui all'art. 10.
Art.
7
(Collegio
istruttorio e segreteria tecnica)
1.
Per l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla
rimozione delle discriminazioni e per la redazione dei pareri
al comitato di cui all'articolo 5 e ai consiglieri di parità,
è istituito un collegio istruttorio così composto:
a)
il vicepresidente del Comitato di cui all'articolo 5, che lo
presiede;
b)
un magistrato designato dal Ministero di grazia e giustizia
fra quelli che svolgono funzioni di giudice del lavoro;
c)
un dirigente superiore del ruolo dell'ispettorato del lavoro;
d)
gli esperti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a);
e)
il consigliere di parità di cui all'articolo 8, comma
4.
2.
Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti
di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta del Comitato
di cui all'articolo 5 possono essere elevati a due.
3.
Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al supporto
tecnico del comitato e del collegio istruttorio è istituita
la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle dipendenze
della presidenza del Comitato ed è composta di personale
proveniente dalle varie direzioni generali del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, coordinato da un dirigente
generale del medesimo Ministero. La composizione della segreteria
tecnica è determinata con decreto del Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, sentito il Comitato.
4.
Il Comitato ha facoltà di deliberare in ordine la stipula
di convenzioni per la effettuazione di studi e ricerche.
Art.
8
(Consiglieri
di parità)
1.
I consiglieri di parità di cui al decreto-legge 30 ottobre
1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19
dicembre 1984, n. 863, sono componenti a tutti gli effetti delle
rispettive commissioni regionali per l'impiego.
2.
A livello provinciale è nominato un consigliere di parità
presso la commissione circoscrizionale per l'impiego che ha
sede nel capoluogo di provincia, con facoltà di intervenire
presso le altre commissioni circoscrizionali per l'impiego operanti
nell'ambito della medesima provincia.
3.
I consiglieri di parità di cui ai commi 1 e 2 sono nominati
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
del competente organo delle regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e
devono essere scelti tra persone che abbiano maturato un'esperienza
tecnico-professionale di durata almeno triennale nelle materie
concernenti l'ambito della presente legge.
4.
Il consigliere di parità di cui all'articolo 4, comma
2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, è componente
con voto deliberativo della commissione centrale per l'impiego.
5.
Qualora si determini parità di voti nelle commissioni
di cui ai commi 1, 2 e 4 prevale il voto del presidente.
6.
Oltre ai compiti ad essi assegnati dalla legge nell'ambito delle
competenze delle commissioni circoscrizionali regionali e centrale
per l'impiego, i consiglieri di parità svolgono ogni
utile iniziativa per la realizzazione delle finalità
della presente legge. Nell'esercizio delle funzioni loro attribuite,
i consiglieri di parità sono pubblici funzionari e hanno
l'obbligo di rapporto all'autorità giudiziaria per i
reati di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni
medesime. I consiglieri di parità, ai rispettivi livelli,
sono componenti degli organismi di parità presso gli
enti locali regionali e provinciali.
7.
Per l'espletamento dei propri compiti i consiglieri di parità
possono richiedere all'ispettorato del lavoro di acquisire presso
i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale
maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni,
della formazione e promozione professionale.
8.
I consiglieri di parità di cui al comma 2 e quelli regionali
competenti per territorio, ferma restando l'azione in giudizio
di cui all'articolo 4, comma 6, hanno facoltà di agire
in giudizio sia nei procedimenti promossi davanti al pretore
in funzione di giudice del lavoro che davanti al tribunale amministrativo
regionale su delega della lavoratrice ovvero di intervenire
nei giudizi promossi dalla medesima ai sensi dell'articolo 4.
9.
I consiglieri di parità ricevono comunicazioni sugli
indirizzi dal comitato di cui all'articolo 5 e fanno ad esso
relazione circa la propria attività. I consiglieri di
parità hanno facoltà di consultare il comitato
e il consigliere nazionale di parità su ogni questione
ritenuta utile.
10.
I consiglieri di parità di cui ai commi 1, 2 e 4, per
l'esercizio delle loro funzioni, sono domiciliati rispettivamente
presso l'ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione,
l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione
e presso una direzione generale del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale. Tali uffici assicurano la sede, l'attrezzatura,
il personale e quanto necessario all'espletamento delle funzioni
dei consiglieri di parità. Il Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, con proprio decreto, può modificare
la collocazione del consigliere di parità nell'ambito
del Ministero.
11.
Oltre al gettone giornaliero di presenza per la partecipazione
alle riunioni delle commissioni circoscrizionali, regionali
e centrale per l'impiego, spettano ai consiglieri di parità
gettoni dello stesso importo per le giornate di effettiva presenza
nelle sedi dove sono domiciliati in ragione del loro ufficio,
entro un limite massimo fissato annualmente con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale. L'onere relativo
fa carico al bilancio del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
12.
Il consigliere di parità ha diritto, se lavoratore dipendente,
a permessi non retribuiti per l'espletamento del suo mandato.
Quando intenda esercitare questo diritto, deve darne comunicazione
scritta al datore di lavoro, di regola tre giorni prima.
Art.
9
(Rapporto
sulla situazione del personale)
1.
Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti
sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla
situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle
professioni ed in relazione allo stato delle assunzioni, della
formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei
passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità,
dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti,
dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente
corrisposta.
2.
Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze
sindacali aziendali e al consigliere regionale di parità.
3.
Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, in conformità
alle indicazioni definite, nell'ambito delle specificazioni
di cui al coma 1, dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con proprio decreto da emanarsi entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
4.
Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma
1 non trasmettano il rapporto, l'Ispettorato regionale del lavoro,
previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le
aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di
inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo
11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955,
n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta
la sospensione per un anno di benefici contributivi eventualmente
goduti dall'azienda.
Art.
10
(Relazione
al Parlamento)
1.
Trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale riferisce,
entro trenta giorni, alle competenti commissioni parlamentari
del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati sull'attuazione
della legge stessa, sulla base di un rapporto redatto dal Comitato
di cui all'articolo 5.
Art.
11
(Copertura
finanziaria)
1.
Per il funzionamento degli organi di cui agli articoli 5 e 7,
a decorrere dal 1991, è autorizzata la spesa di lire
1.000 milioni annui. Per il finanziamento degli interventi previsti
dall'articolo 2 è autorizzata, a decorrere dal 1991,
la spesa di lire 9.000 milioni annui. Con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro
del tesoro, viene stabilita la misura del compenso da corrispondere
ai componenti del Comitato nazionale di cui all'articolo 5 e
del Collegio istruttorio e della segreteria tecnica di cui all'articolo
7.
2.
All'onere di lire 10.000 milioni annui nel triennio 1991-1993
si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo
6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l'anno 1991 utilizzando l'accantonamento "Finanziamento
del Comitato nazionale per la parità presso il Ministero
e delle azioni positive per le pari opportunità".
3.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
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