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Quella
sera andò a letto prima del solito; sentiva il bisogno
di riposare e quando, prima d’addormentarsi, salutò
Clara provò un moto d’impazienza per le ore che dovevano
trascorrere, prima che lui avrebbe potuto farle visita.
S’addormentò con quello strano stato d’animo
e si destò felice per ciò che aveva deciso di fare.
Così come ogni volta, quando andava da lei, si rassettò
con più cura come a voler mostrare alla sua donna che sapeva
badare a se stesso.
Egli era perfettamente consapevole dell’inutilità
di questi suoi pensieri; pur tuttavia sentiva nell’animo
che, in qualche modo, la sua Clara avrebbe voluto così.
In questo modo riusciva anche a sentirla più vicina e più
presente nella sua solitaria vita.
Percorrendo il viale ombroso che portava alla tomba della donna,
Sergio fu costretto a fermarsi per riposare. Sentiva le gambe
molli e uno strano ronzio alle orecchie, che egli interpretò
come risposta al caldo che ormai era arrivato e al quale il fisico,
non aveva avuto modo di abituarsi ancora, dopo il rigore dell’inverno
appena trascorso.
Mentre sistemava i fiori che aveva comprato, l’uomo parlò
con lei che non poteva udirlo ma che, comunque immemore, raccolse
lo sfogo di quel povero e sconfortato vecchio.
Quando ebbe terminato di rassettare la lapide passò, come
per una tenera carezza, la incerta mano sulla foto, che ritraeva
un volto di donna a lui tanto caro, poi… si sedette lì
accanto, sul bordo più estremo della pietra tombale.
“Sai Clara -continuò a dire rivolto a sua moglie–
questo caldo mi rende davvero debole, ora riposerò per
un po’ qui con te, poi tornerò a casa: tu non sai
quanto vorrei portarti con me!”
Quando fece per rialzarsi non ci riuscì. Allora, con grande
sforzo, fu costretto a poggiarsi con entrambe le mani a terra,
per potersi finalmente sollevare.
Salutò la sua donna e si incamminò a fatica verso
l’uscita per riprendere la sua auto.
Una volta arrivato a casa, decise che forse era più prudente
chiamare il medico per una visita di controllo: aveva l’impressione
di non stare affatto bene.
Quella bianca stanza d’ospedale che lo ospitava già
da qualche giorno, gli infondeva la sensazione di una aspettativa
che non credeva sarebbe stata troppo breve.
I suoi figli venivano a farle visita: Gigliola aveva abbandonato
anche la sua casa per esserle vicina; questo impensieriva Sergio
ancor più, perché egli era consapevole degli impegni
che aveva sua figlia con la sua famiglia. Lui non poteva certo
permetterle di lasciare tutto per occuparsi del suo vecchio padre.
Infine c’era il fatto che, anche lasciandogli la più
ampia scelta di decidere con chi di loro desiderasse stare, avevano
comunque stabilito di non permettergli più di vivere solo.
“Cosa ne sarà della mia casa?” -Aveva risposto
a Gigliola quando, lei, glielo aveva comunicato- “Cosa ne
farò di tutte le mie cose, dei miei ricordi?”
Sua figlia aveva gli occhi umidi quando, abbracciandolo, gli rispose
che la sua casa non l’avrebbe toccata nessuno perché
tutto sarebbe rimasto com’era. Lui avrebbe portato con sé,
solo quello che riteneva gli fosse più indispensabile fino
al giorno in cui vi avrebbe fatto ritorno.
Era una pietosa bugia! Lui lo sapeva fin troppo bene che non vi
sarebbe mai più ritornato! Ma preferì tacere, finse
di credere tutto quello che avevano deciso che lui credesse :del
resto –pensò Sergio- la loro pena è già
abbastanza grande da non aggiungervi anche il peso del mio egoismo.
Quel giorno che i sanitari lo dimisero, Gigliola lo accompagnò
nella sua vecchia casa. Insieme attesero, che luca ed Enrico vi
giungessero
Sua figlia preparò la valigia che avrebbe portato con sé,
mentre Sergio come un anima in pena si aggirava tra le sue cose,
cercando di non dimenticare nulla di quello che veramente poteva
occorrerle, oltre le sue medicine ed i suoi vestiti.
Le tapparelle chiuse, i mobili coperti e tanta malinconia! Questa
-pensò Sergio- è l’immagine stessa della mia
vecchiaia! Questa, che non assomiglia neanche più alla
casa di Clara, sarà il ricordo che avrò della mia
casa, nei giorni a venire.
Quando i suoi figli arrivarono, fecero di tutto per rendergli
meno insopportabile il distacco da ogni cosa gli era appartenuta
e scherzarono un po’ sul suo modo d’intenderla, paragonandolo
a un lumacone che non se la sentiva di abbandonare il suo guscio,
neppure per un breve periodo.
Sergio decise infine,che sarebbe andato a casa di Luca.
La sua scelta non fu sicuramente dettata da una qualsivoglia preferenza,che
poteva avere per un figlio invece che per un altro, ma soltanto
dalla vicinanza.
Gigliola ed Enrico vivevano in altre città; Luca invece
nell’interland romano, per cui quei cinquanta chilometri
che si frapponevano tra la sua abitazione e quella di suo figlio,
sebbene li considerasse un handicap, gli facevano apparire il
suo allontanamento assai più accettabile.
Sua nuora aveva preparato una grande festa per accoglierlo e fu
per lui una notevole sofferenza mostrare ai suoi cari per l’occasione,
una ilarità che era ben lungi dal provare.
I suoi nipoti gli erano affettuosamente vicini come sempre e sempre
di più, da che egli era andato a vivere con loro; sua nuora
le mostrava grande piacere d’averlo vicino, e gli altri
suoi due figli lo coccolavano per telefono come forse mai, era
accaduto prima.
”Dovrei essere sereno e non sentirmi cosi smisuratamente
solo!” -pensava Sergio- Senza però che nulla di positivo
emergesse dal suo animo, anche dopo queste giuste considerazioni.
La solitudine –si disse ancora- non è certo una condizione
fisica ma un moto dell’animo, che ripiega su sé stesso
senza più riuscire ad emergere da questi sintomi di disagio.
Non gli dava timore il rendersi conto, che neppure i mille sforzi
che ogni giorni compiva per essere più sereno, avevano
portato ad un minimo miglioramento. Quel sordo dolore era sempre
lì e sempre più forte, per cui … si arrese.
Decise di vivere dove i suoi figli preferivano che egli vivesse,
nutrì la sua immensa nostalgia con i ricordi e lasciò
che la sua vecchiaia e i suoi malanni, avessero il sopravvento
su tutte le speranze che egli non possedeva ormai più.
Poi… trascorsero i mesi ed arrivò anche il secondo
inverno. Quell’anno trovò Sergio, ancora immerso
in una malinconia che non si affacciava più al suo animo,
ma ne possedeva ormai ogni più recondito anfratto.
C’erano giorni in cui decideva di non alzarsi affatto dal
letto, considerando inutile la fatica di vestirsi per poi doversi
di nuovo spogliare.
Aveva potuto rivedere la sua casa, solo per una breve visita,
quando sua figlia lo aveva accompagnato, durante il suo soggiorno
a Roma, per lo scorso Natale.
In quell’occasione aveva fatto visita a Clara e soltanto
vicino alla sua tomba aveva potuto sfogare tutta l’amarezza
che aveva dentro.
Aveva parlato alla sua donna senza parole, ma con la certezza
che lei avesse senz’altro ascoltato il suo muto accorato
messaggio e questa certezza lo sollevò.
Lo interruppe dal suo peregrinare tra questi pensieri, la voce
di sua nuora che affettuosamente lo informò che stava uscendo
per la spesa e desiderava sapere da lui se avesse gradito per
il pranzo, qualcosa in particolare.
Sergio le sorrise, la pregò di non preoccuparsi sempre
così tanto per lui, perché qualsiasi cosa lei avesse
deciso di cucinare, sarebbe andata bene.
Poi Sara si avvicinò a lui gli posò affettuosamente
un bacio sulla guancia e gli disse che sarebbe rientrata fra non
molto.
Rimasto solo Sergio si alzò: fece per camminare ma all’improvviso
un forte dolore in pieno petto lo colse.
Fu qualcosa di così lancinante da farlo letteralmente cadere
sulla sua poltrona.
L’uomo se ne stette lì seduto per un po’ poi,
via via che le forze gli tornavano, un idea si fece strada, sempre
più prepotentemente, nella sua mente.
Dopo pochi minuti era pronto per uscire. Disse a suo nipote, che
era in casa a studiare, che aveva deciso di fare due passi e chiuse
l’uscio di casa dietro sé.
Ecco -si disse Sergio- sono quasi arrivato!
La vista di quella strada, a lui così famigliare, ebbe
il potere di renderlo più tonico si sentiva addosso vent’anni
di meno.
Prese l’ascensore, aprì la porta di casa e vide Clara
seduta ad attenderlo.
Dio che gioia provò!
La sua casa era di nuovo immersa nella serenità, tutto
intorno era pieno di luce!
La sua donna si alzò per venirgli accanto e sorridendo
senza parlare, lo prese per mano e lo accompagnò a sedersi
sulla poltrona in salotto.
Che felicità dopo tanta pena! Sergio e Clara erano nuovamente
insieme: finalmente la sua solitudine era finita.
Fu il balenio di un attimo che percorse la mente di Sergio…
poi d’improvviso… tutto fu silenzio.
Nadia
Angelini
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