QUALE
LIBERTA' QUANDO PARLIAMO DI VIOLENZA?
Clelia Mori, 22 giugno 2007
da
AprileOnLine.info
Rapporti
di genere
Le cifre contenute nell'ultimo rapporto del Viminale sulla sicurezza
in Italia "sconvolgono" il ministro Amato e i rappresentanti
politici. Verrebbe da dire "povere donne", e piangersi
addosso sollecitando la compassione come il copione consolidato
vuole. Ma non è così. Sono gli uomini che devono
liberarsi dal problema della violenza sulle donne
E'
di oggi, su tutti i giornali sensibili, la questione della violenza
nelle famiglie italiane sulle donne, la famosa famiglia italiana,
quella così protetta dalla chiesa e dalla destra. Con
toni più o meno meravigliati, si dice che la violenza
sulle donne è la cifra più alta tra tutte le violenze,
smentendo il mediatico luogo comune sugli extracomunitari, che
li vuole più violenti dei maschi italiani e che i giornali
di centrodestra diffondono a piene mani, per generare insicurezza
sociale e bisogno di uomo e politica 'forte' e meno libera;
libertario definiscono, spregevolmente, qualsiasi desiderio
di dignità individuale, soprattutto se femminile, per
farne passare l'eventuale riduzione.
Il ministro Giuliano Amato alla lettura di queste cifre sull'ultimo
rapporto del Viminale sulla sicurezza in Italia, si dice 'assolutamente
sconvolto'.
Verrebbe voglia di dire 'povere donne', e piangersi addosso
sollecitando la compassione come il copione consolidato vuole.
Povere noi donne che alla doppia fatica del lavoro e della famiglia
da family day o mulino bianco, dobbiamo sopportare anche la
violenza.
E chiuderla lì, con una sensazione di povertà
e inferiorità perenne della nostra libertà. Da
eterne vittime.
Ma
non è così!
Non è un problema di 'sola' libertà delle donne,
come 'qualcuno e anche qualcuna tra i più illuminati/e'
nei partiti si ostina a pensare, convinto e convinta che la
qualità della libertà femminile sia solo un problema
delle donne - e non riguardi invece anche la libertà
degli uomini che, però, se la vogliono tenere ben divisa
da quella femminile, riparata per continuare a convincersi che
sia già perfetta così - per cui occorre dare alle
donne la possibilità di liberarsi, sì anche loro,
magari a partire proprio dalla violenza.
Quasi come se la violenza fosse astratta, senza luogo d'origine,
neutra appunto, come da sempre ci hanno raffinatamente abituato
a pensare, anche a quella della guerra per non ritrovarsi colpevoli.
E fanno finire lì, quietandosi la coscienza dalla propria
disponibilità a renderle libere, la riflessione maschile
sulla violenza alle donne, per poi riprendere a far politica
da uomini con le pratiche di sempre: cercando di non fare entrare
troppe donne nelle stanze dei bottoni, convinti che non sia
un affare loro, soprattutto se le richieste hanno un vago odore
di femminismo e non sono conformi al loro pensiero neutro, buono
per uomini e donne e lontano simbolicamente, liberato da ogni
ombra di violenza.
Ma la libertà delle donne diventa un problema di donne
perché la subiscono e non perché bisogna paternamente
e patriarcalmente liberarle.
La
violenza alle donne è un problema maschile che cade sulle
donne.
Sono gli uomini che devono "liberarsi" della violenza
alle donne, sono loro che le rendono vittime, non tutti certamente,
ma è in loro il problema originale, è in loro
il problema della loro libertà- identità privata
e pubblica. Di maschio.
La libertà degli uomini è intrecciata nel bene
e nel male con la qualità di quella femminile e se la
considerano bassa non può essere alta quella maschile
che contiene dentro la visione del sé la possibilità
della violenza come esercizio del potere.
E non si capisce poi perché debba essere esercitata dagli
uomini la violenza? A meno che non pensino che le donne devono
fare solo quello che vogliono loro e non quello che alle donne
piacerebbe fare. E che per convincerle, anche con la forza,
si sentano moralmente autorizzati dai propri simili.
Nessuno,
tra i giornali che ho letto, si ricorda che in ottobre è
uscito un appello firmato da un' ‘elité' di uomini,
come credo li abbia chiamati Lea Meandri, dal titolo ‘La
violenza alle donne ci riguarda come uomini.' Era ed è
un appello importantissimo che scalda il cuore, almeno di alcune
sulla possibilità che si apra uno spiraglio etico culturale
politico nella riflessione che gli uomini possono iniziare a
fare su di sé, per capire l'origine e la distorsione
che si coltivano dentro, nella violenza che troppi di loro sentono
di dover e poter compiere sulle donne che non ci stanno.
E' un appello che tenta una pratica di libertà, finalmente
differente e liberata dal paternalismo e dal patriarcato nonché
dal fratrircato in cui gli uomini sono costretti da un'infinità
di tempo, che libera - questa sì, se prosegue -, anche
le donne insieme agli uomini dalla loro violenza.
Questo
appello, visibile sui siti Maschileplurale.it e Donnealtri.it
ha raccolto un migliaio di firme, tra cui Fassino, Giordano
e tanti atri uomini più o meno conosciuti e alcuni dei
suoi firmatari hanno dato vita ad una associazione su questo
tema e si sono incontrati il 9 a Bologna per continuare a interrogarsi.
Speriamo che aumentino.
Non si può staccare la libertà femminile da quella
maschile e nei partiti non si può usare la parola libertà
come se fosse un problema solo femminile per cui occorre che
gli uomini liberino le donne, dalla violenza, nominandola un
attimo nei programmi e nelle introduzioni. Sono loro, gli uomini
che devono liberarsi dalla violenza e ogni altro modo è
solo un escamotage per verniciarsi di bianco.
E nominarla e basta è davvero il modo per perpetrarla
e, nella politica dei partiti, è la maniera per non liberarsi
dal vizio della rappresentanza neutra del potere maschile.
Il
potere è una delle cose a cui gli uomini pare tengano
di più, anche se vedono che il loro fare fa scricchiolare
continuamente e pericolosamente il mondo.
Per quale misteriosa ragione concreta gli uomini dovrebbero
fare meglio senza donne nella gestione del mondo se poi in famiglia
(ma anche fuori) si dimostrano così incapaci? Non ci
è dato di saperlo.
Sappiamo solo che se si interrogassero di più, come stanno
cominciando a fare questi dell'appello, forse si potrebbe sperare
in un futuro col senso del limite come principio nella relazione
tra i generi e magari anche tra le razze e forse si potrebbe
uscire da questa infinita preistoria della relazione tra i generi
con qualche speranza in più.
Magari riusciremmo anche a non firmare patti indicibili e per
forza segreti sull'allargamento di basi come quella di Vicenza
o accettare lo scudo spaziale perché un signore un po'
strano, anche per i suoi compatrioti, per mantenere il potere
(suo e del suo gruppo) ha deciso di esportare la sua guerra
di protezione degli Stati Uniti in Europa, così come
a suo tempo pensava di poter esportare la democrazia con le
armi. Così come a suo tempo qualcuno parlò di
guerra umanitaria, per la felicità degli ossimori.
Allora come oggi, questi uomini sono ancora prigionieri della
loro violenza, mai indagata né individualmente né
collettivamente, né privatamente né pubblicamente
e credono che la libertà dalla violenza alle donne sia
un fatto di cui debbano preoccuparsi perché le donne
possano avere finalmente una libertà pari alla loro.
Ma di quale libertà parliamo quando parliamo di violenza?
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