ndr:
riproponiamo un articolo sulla violenza alle donne,
un argomento tristemente attuale... mai debellato, ne attenuato.
LA
VIOLENZA DI GENERE NON E' UN'EMERGENZA. E' UN PROBLEMA CULTURALE
da
socialpress
mercoledì 28 novembre 2007 di Eliana Scaravaggi
L’omicidio
è la forma più eclatante e manifesta della violenza
che colpisce le donne di tutti i paesi e di tutte le età.
A volte è violenza fisica che lascia segni visibili sul
corpo: lividi, denti saltati, ossa rotte, tagli, cicatrici.
Molto più spesso è violenza psicologica pressoché
impossibile da rilevare, che genera fobie, incubi, insonnia,
depressione, attacchi di panico. La violenza maschile è
stata ed è ancora usata dagli uomini per “comunicare”
con le donne e per imporre il loro potere.
Sino
al 1963 non c’erano grandi problemi: lo stesso codice
civile riconosceva al marito il diritto di “correggere”
la moglie anche picchiandola.
Oggi invece il fenomeno resta sommerso almeno fino a quando
un fatto di cronaca non impone il problema all’attenzione
dei media. Per la verità, anche in questo caso spesso
prevale la retorica o, ancora peggio, si tende ipocritamente
a cambiare le carte in tavola. Così dopo l’emergenza,
caldo, terrorismo, migranti abbiamo avuto anche l’emergenza
sicurezza.
Se non fosse tragico ci sarebbe quasi da ridere: i novelli Don
Quisciotte si sono catapultati a difendere le loro Dulcinee
e, tanto per restare fedeli al personaggio, non hanno ben capito
contro chi dovevano battersi. Di una cosa sola erano certi:
i violenti ovviamente erano gli altri. Peccato che i nostri
giornali brulichino di “signori perbene” rigorosamente
italiani che picchiano, uccidono o sfruttano le loro compagne.
Si tratta dunque di un problema comune, in Lombardia nel 2006
1749 le donne hanno denunciato maltrattamenti e violenze. Molte
altre, circa l’80%, non ha trovato il coraggio di reagire
o, ancora peggio, non è ancora riuscita a definire quello
che le sta capitando.
Scrivere qualcosa su questo argomento che non sia una mera cronaca
senza cadere nella retorica non è certo facile. Non sarà
originale, soprattutto poco prima di una manifestazione contro
la violenza sulle donne, ma l’idea di intervistare chi
da anni lavora in questo campo mi sembra la cosa più
giusta e interessante.
Anche
Tiziana Catalano che mi accoglie alla Casa delle donne maltrattate
(Milano - via Piacenza, 14 -Tel 0255015519 http://www.cadmi.org)
mi chiede il motivo della mia scelta. Sono un po’ imbarazzata,
ma le racconto come nel 2005 sono inciampata nel problema e
ho realizzato quanto sono impreparata e inadeguata. Tiziana
sorride “Non è facile confrontarsi con la violenza.
L’emotività e l’empatia in alcuni casi rischiano
di non essere utili. Ci si deve far aiutare da persone competenti.”
Già, io ho capito e sono qua per cercare di spiegarlo
anche ad altre. Tiziana insiste soprattutto sul fatto che il
messaggio deve essere positivo. “Ogni donna può
incontrare sul suo cammino un uomo violento. Non ci si deve
vergognare, considerarsi fallite o peggio colpevolizzarsi e
sentirsi responsabili. Ci vuole coraggio, il percorso è
lungo e difficile, ma si riesce ad uscire dalla violenza e il
primo passo è proprio cercare aiuto perché l’isolamento
è la condizione su cui si basa il maltrattamento. ”
Ci
sono segnali che permettono di identificare dei fattori di rischio?
“La
violenza non è mai frutto di una rabbia improvvisa, anzi
è quasi sempre premeditata. Lo Spousal Assault Risk Assessment
ideato dalla dottoressa Baldry aiuta a individuare le probabilità
che un uomo sia violento nei confronti della propria partner.
E’ un metodo applicato anche dalla polizia. Una donna
che si rivolge a noi, viene aiutata ad analizzare la situazione,
a riconoscere la violenza psicologica ed economica. Noi non
prendiamo decisioni, la rendiamo consapevole del rischio a cui
è esposta. Le forniamo una lente di ingrandimento per
rendere più chiare le dipendenze che potrebbero portare
alla violenza. E’ un po’ come diagnosticare la probabilità
di avere una malattia.“
Ci
sono programmi di aiuto psicologico agli autori di violenza?
“Chi
agisce la violenza spesso è qualcuno che l’ha subita.
Attualmente però nel nostro paese non ci sono iniziative
in questo senso. Ci sono però progetti che vanno nella
direzione del cambiamento culturale e della prevenzione come
Libere e felici promosso con la nostra collaborazione dalla
Provincia di Milano che prevede un ciclo di tre incontri di
informazione/formazione rivolto a tutto il personale. Molto
importanti in questo senso sono anche gli interventi di sensibilizzazione
e discussione nelle Scuole Medie Superiori che ci permettono
di capire qual è la percezione della violenza delle giovani
generazioni e, al tempo stesso, di saper cogliere i segnali
di disagio.” La casa delle donne maltrattate è
aperta da oltre 20 anni. In questo periodo cos’è
cambiato rispetto al numero ed alla tipologia delle donne che
chiedono assistenza? “Sono cambiate tante cose e molte
sono significative. Ad esempio non è più un tabù
parlare di violenza. Sempre più uomini prendono la parola
e sanno identificare la violenza. In tanti ci contattano per
le madri, le loro sorelle, accompagnano le amiche. Questo è
sicuramente un grande progresso. Un altro dato importante è
che si è abbassata l’età delle donne che
denunciano la violenza. Una volta arrivavano donne con alle
spalle una vita di maltrattamenti.”
Sono
variati anche i servizi e le tecniche di aiuto?
“L’impianto
è rimasto sostanzialmente lo stesso anche se ci siamo
adeguate ai cambiamenti della società per esempio rispetto
al mondo del lavoro. Poi è cambiata la valutazione dell’emergenza,
oggi stiamo più attente anche alla nostra sicurezza.
Per il resto la violenza è un fatto assolutamente interculturale
e interclassista anche se i background sono diversi”.
Cosa dire ancora? Sarebbe bello imparare tutte a rileggere le
nostre esperienze con occhi più attenti. Imparare ad
per individuare le strutture che plasmano gli individui e gli
schemi precostituiti che ci vengono somministrati come naturalmente
ovvi. Cambiare la mentalità nelle piccole cose di ogni
giorno per costruire capacità sociale e politica.
Se non sarò io per me, chi sarà per me.... E se
non ora, quando?
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