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IL
SALOTTO DI GIGI’
-Ti
trovo in gran forma!-
Disse Gigì abbracciandomi:
-Quale novità mi racconti? Hai
incontrato un’altra Musa? Hai ripreso a scrivere?-
-In questi anni, ho scritto canzoni e qualche testo teatrale,
ma la commedia che avrei voluto scrivere è stampata
ancora e solo nella mia mente. Nessuno, meglio di te, sa che
per scrivere devo convincermi di vivere, ogni volta, un grande
amore!-
Gigì m’interruppe:
-D’accordo! Hai avuto, però,
altre soddisfazioni come quella di rappresentare una tua commedia
musicale. A proposito, come sta l’imperatore? Lo sposerai?-
L’imperatore di cui parlava Gigì era un potente
burocrate che, ad una festa di carnevale, si presentò
vestito da imperatore degli Inca; laureato in etnologia e
autore di un libro “Il pensiero di Dio” s’interessò
a me soltanto quando gli espressi alcuni concetti personalissimi
sul Paradiso. Compresi che quel burocrate, oltre ad una fervida
fantasia, possedeva anche una bella mente; il suo costume
esprimeva un gran desiderio di favole ed io gliene regalai
subito una.
Tra un ballo e l’altro, affermai che noi due c’eravamo
già amati nel sole e che lui aveva indossato quel costume
da imperatore, con il bel pettorale d’oro e le piume
azzurre, solo perché lo riconoscessi; come vuole la
leggenda degli Inca.
L’imperatore rimase affascinato da quella storia così
ben raccontata, sia per la terminologia ricca di metafore,
sia per la dovizia di particolari originali e fantasiosi,
sia per la mia voce, melodiosa e suadente, dal chiedermi d’incontrarci
ancora.
Nei giorni che seguirono, l’imperatore, sempre più
coinvolto dalle cose che raccontavo, lesse parte della mia
produzione letteraria, s’innamorò della commedia
musicale ”Inventati l’Amore insieme a me”
scritta insieme all’amico-musicista Roberto e mi propose
di rappresentarla, a condizione che io interpretassi la parte
della protagonista. Mi lusingò l’idea che un
uomo, così preparato culturalmente, trovasse tanto
interessante una mia favola e, senza riflettere troppo, accettai
la sua proposta, ma solo per giocare un po’.
Alla decima rappresentazione, quell’impegno quotidiano
cozzò fragorosamente con l’irrequietezza del
mio pensiero che, insofferente ad ogni genere di briglie,
mi fece ricadere in uno stato depressivo così angoscioso,
da costringermi a sospendere la tourné appena iniziata:
per uscirne dovevo, da subito, eliminare la causa scatenante
di quella mia infelicità.
L’imperatore comprese quel mio bisogno di “prateria”,
mi sciolse da ogni impegno e, senza minimamente recriminare
l’ingente somma di denaro buttata al vento, seguitò
ad amarmi al punto dal chiedermi di sposarlo: entrambi ci
rispettavamo come persone.
A Gigì non potevo raccontare tutta quella storia, non
l’avrebbe capita e nemmeno approvata, ma avrebbe sicuramente
esclamato “Ma tu, benedetta figliola, continui a prendere
a calci la fortuna!” Questo avrebbe detto Gigì,
così mi limitai a risponderle:
-Va tutto benissimo! L’imperatore è il mio più
grande amico... ma lungi da me l’idea di sposarlo! Le
campane di vetro non mi sono mai state congeniali... mi tolgono
l’aria! Invece mi è congeniale l’Amore,
al confronto del quale anche il tesoro degli Inca appare di
uno squallido! L’Imperatore è innamorato della
mia fantasia, mentre io amo quella di Edoardo-
-Chi è quest'Edoardo? Da quanto
lo conosci?-
Io, tutto d’un fiato:
-Sto vivendo una storia che mi ha fatto ritrovare un mondo
che credevo morto e sepolto ma, dal momento in cui ho visto
Edoardo, la mia vita, da un campo di gramigna si è
trasformata in una vallata di papaveri ed io cavalco quest'Amore
e corro, corro insieme a lui come può correre solo
un cavallo pazzo!-
-Finalmente ti riconosco!- Esclamò
Gigì -Provo una gran gioia ad ascoltarti! I poeti sanno
trasformare attimi di nostalgia in musica per chi li ascolta!
A proposito, prima che mi dimentichi, debbo dirti che ho visto
tuo figlio in televisione; è un gran bel ragazzo! Vive
ancora con te?-
-Mio figlio, quando decise che era giunto il momento di salutarci
mi disse “Mamma ti lascio finalmente libera… ma
mai sola”... Il mio bambino! Quante soddisfazioni mi
ha dato! Scusami cara, ma quando parlo di mio figlio mi emoziono
e gli occhi si riempiono di lacrime, proprio come in questo
momento: è un Amore troppo grande, amica mia!-
Anche Gigì si commosse e, asciugandosi col dorso della
mano la lacrima che, impietosa, era scivolata all’angolo
della bocca, affermò:
-A quante cose hai rinunciato per lui!-
-Io non ho mai rinunciato a niente. Tutto quello che si fa
per amore non è mai una rinuncia. Non rimpiango nulla,
Amica mia!-
Per sdrammatizzare quella situazione che stava scivolando
nel patetico aggiunsi ridendo:
-Lo sai che mio figlio una volta ebbe il coraggio di dirmi
“Mamma, io sono l’unico uomo della tua vita che
ti ha dato una bella fregatura!”-
Ridemmo ancora e, mentre Gigì si affaccendava in tinello
a preparare il caffè, io rimasi comodamente sdraiata
sull’elegante divano di velluto verde-oliva; mi arrivava
la sua voce che chiedeva del padre di mio figlio al che risposi:
-Sta bene! Sposatissimo, ormai da molti anni, ha diradato
le sue visite da quando il figlio non vive più con
me: teme di disturbarmi. Oggi, come allora, nella mia casa
non parcheggiano uomini, lui, però, non ne ha la certezza
ed ha assunto nei miei riguardi un atteggiamento molto discreto-
Mi accorsi che stavo accarezzando un cuscino del divano e,
senza rendermene conto, chiesi alla mia amica che stava rientrando
con un bricco di caffè fumante, se in quegli anni Renato
fosse ritornato nel suo salotto.
-Lo incontrai per caso anni fa-
Mi rispose senza dare eccessivamente importanza alla mia domanda
-Gli anni sono passati anche per lui,
non è più il bell’uomo che ricordi...
fammi pensare... quanti anni sono passati?-
Ed io pronta:
-E’ facile fare il conto. Avevo ventinove anni, oggi
ne ho quarantaquattro… sono passati la bellezza di quindici
anni! Ne stiamo ancora parlando come se il tempo, in questo
tuo salotto, si fosse fermato!-
-Però! Quindici anni!-
Ripeté Gigì mentre poggiava il piccolo vassoio
d’argento con le due tazzine di caffè sul tavolo,
poi, riassumendo immediatamente un atteggiamento civettuolo
e salottiero:
-Non voglio parlare del tempo che passa,
mia cara Mi sento così giovane! Piuttosto, parlami
di lui, di quest'Edoardo. Com’è? Cosa fa?-
-Dice di essere un giornalista, ma la sua più grande
aspirazione è quella di suonare il trombone. Ha fatto
la spia, il contrabbandiere... Gigì! Che importanza
ha quello che fa? Per me è un vagabondo che mi ha regalato
un paio d’ali perché possa ancora volare... Sono
innamorata! Solo questo è importante, quando sto con
lui volo talmente in alto da smarrirmi ogni volta dentro una
nuvola di coriandoli!-
Mi alzai, andai verso la mia amica, la feci girare su se stessa
con tutta la poltrona e gridai:
-Gigì! Vado in Africa a vedere due giovani leoni che
fanno l’amore come gattini innamorati, poi andrò
in Normandia a scoprire le più belle maree del mondo
e girerò tutti i vicoli della terra facendo il cantastorie,
notte e giorno con lui! Ci pensi Gigì?-
-Senti, senti!-
Esclamò lei, incapace di trovare le parole per esprimere
il suo stupore.
Uno stupore che durò poco, perché è lo
stesso che ti prende quando scopri una verità che già
conosci:
-Temevo di trovarti cambiata, invece
parli ancora come la mia Gazzella!-
Parlammo e ridemmo, ridemmo e parlammo, ricordammo episodi
divertenti come i nostri fine settimane trascorsi insieme;
ne parlavamo come due studentelli che ricordano il tempo in
cui marinavano la scuola.
-Gigì, hai ancora la villa a Sasso Marconi?-
La mia amica mi rispose che l’aveva venduta: era un
lusso che non poteva più permettersi.
-Ti ricordi quel fine settimana insieme a Gianni e Roberto?-
-Come potrei non ricordarlo! Tu e Roberto
mi demoliste un letto del settecento! Che bel giovanottone,
però, quel tuo Roberto!-
Esclamò Gigì col suo simpaticissimo accento
bolognese:
-Quella notte t’invidiai mia cara!
Tu conosci la mia abilità nel saper condurre certi
giochi, ma con Gianni non ci fu nulla da fare, peggio che
fare all’amore con un vecchio marito! Tu, invece, hai
sempre avuto una fortuna sfacciata nel catturare certi uomini!-
-Sei ricca Gigì?-
-La mia professione mi ha permesso di
vivere con una certa agiatezza, ma ricca direi proprio no!
Per diventare ricchi non bisogna avere scrupoli e tu sai bene
che il mio salotto è sempre stato di tutto rispetto;
"gli amici” li ho sempre scelti scrupolosamente
nel bel mondo, uomini di gran classe, niente deviazioni sessuali,
(tranne qualche piccolo vizietto) niente droga, niente minori,
niente di tutto quello che avrebbe potuto fare di me una donna
veramente ricca! Le mie “amiche” erano quasi tutte
donne sposate, desiderose di regalarsi o una borsa di coccodrillo,
o una pelliccia in più o procurarsi del denaro da versare
nelle tasche di qualche giovane squattrinato, in grado di
calmare le loro nevrosi: pagarsi un capriccio, ogni tanto,
non è una prerogativa prettamente maschile mia cara!
Quasi sempre le sceglievo nei ricevimenti importanti dove
la noia regna sovrana, specialmente se vi ci partecipa coi
propri mariti! Mi era sufficiente osservare le loro facce
da mantenute legalizzate per capire quale di quelle “signore”
avrebbe accettato di buon grado un invito nel mio salotto
e, credimi sulla parola, raramente l’intuito mi ha fatto
commettere errori di valutazione nello sceglierle, anzi, spesso
le sottovalutavo! Alcune di loro erano così viziose
da stupire anche me, al punto da doverle allontanare: viziavano
troppo i miei ”amici”. Tu sai quanto ci tenga
alla mia reputazione! Come avrei potuto, altrimenti, mantenermi
per anni e anni, tanti “amici” di così
alto livello!-
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