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Atto
secondo - scena prima
Tornata
da Verona, prima ancora di disfare le valigie, telefonai a
Gigì la quale, dalla mia voce concitata, comprese che
era successo qualcosa di spiacevole. Si precipitò e
come mi vide comprese immediatamente che quel viaggio, iniziato
sotto buoni auspici, si era concluso tragicamente.
-Mi sono precipitata perché la
tua voce tratteneva i singhiozzi. Che cosa è accaduto?...
Ancora Renato?
Io annuii con un cenno del capo e Gigì:
-Ma come? Eri tanto felice di fare questo
viaggio… Verona… la città degli amanti...
noi due insieme… che cosa meravigliosa! Per poi tornare
in questo stato! Distenditi sul divano accanto alla tua Gigì
e raccontami tutto-
Risposi con voce flebile:
-Non potrai capire-
-Io non potrò capire? Eccome
se potrò capire! Anche la tua Gigì ha pianto
tanto per amore! Non avevo il tuo coraggio; avevo paura di
soffrire e chiesi aiuto all’alcool, fino a diventarne
schiava. Allora non fu difficile approfittare del mio smarrimento.
Ero una donna debolissima, fu facile plagiarmi... La tua Gigì
ti aveva avvertita... ma questa bambina capricciosa che vuole
a tutti i costi un grande amore!... Quando imparerai a diffidare
della gente prima di metterci tanto cuore! Non sciupare questi
tuoi occhi dolci da Gazzella!-
Mentre Gigì mi asciugava amorevolmente gli occhi col
suo fazzolettino, iniziai a raccontare:
-Era stato tutto bello fino al momento che decisi di andare
a fare una passeggiata per le vie di Verona. Renato era andato
ad una riunione d’affari; tu sai quanto le stanze d’albergo
m’immalinconiscano! Avevo deciso di lasciare un messaggio
in portineria, nel caso che Renato rientrasse prima di me,
ma quando ho sentito lo sguardo del portiere che mi fissava
interrogativamente, ho avuto un attimo di smarrimento... non
conoscevo il cognome di Renato! Sono scappata senza parlare,
ma in quell’attimo ho toccato il fondo dell’umiliazione-
Gigì tirò un sospiro di sollievo:
-Sarebbe stato sufficiente che tu avessi
detto "torno tra mezz’ora"-
-E’ facile dirlo adesso… forse ho voluto umiliarmi
di proposito... farmi del male...-
-Ma anche tu, benedetta figliola, ignorare
il cognome dell’uomo che ami!... Non te l’ha mai
detto?-
Scossi sconsolatamente la testa:
-Non glielo hai mai chiesto?-
-Glielo chiesi quando rientrò in albergo; mi rispose
che i "bambini" si chiamano per nome perchè
non conoscono la diffidenza. Cercai di controllarmi per non
dire quelle parole di cui mi sarei potuta pentire: non volevo
litigare. Purtroppo, mentre ci dirigevamo verso il lago di
Garda, persi il controllo e lo aggredii violentemente. Vedo
ancora il suo viso serio, apparentemente calmo, attento alla
guida e il sudore che gli imperlava la fronte. Renato cercò
di cambiare discorso, ma il nostro viaggio era ormai seriamente
compromesso–
Gigì sentenziò:
-Su questo potrei giurarci, quando attacchi
non lasci più respirare! Ma perché tanta disperazione
per quella sua risposta?-
Non potevo rispondere ai perché di Gigì, neanch’io
conoscevo le risposte e continuai più a raccontarmi
che a raccontare, sperando di attutire il dolore lancinante
che mi sconquassava il petto:
-Al ristorante ho bevuto un po’… volevo che mi
girasse la testa-
-Ha girato questa tua testolina... Avete
rifatto pace?– Disse Gigì attirandomi
a se con dolcezza-
-Pace!... Pace!... Pace!... Gigì! Proprio come i bambini
che si chiamano per nome! Ho cercato di giustificarlo perché
l’amo! Aspettavo con ansia il momento in cui sarei rimasta
sola con lui, nella nostra camera d’albergo, per dimenticare
fra le sue braccia tutta la mia amarezza. Quella notte indossai
una camicia bianca, vaporosa come una nuvola e mentre Renato
mi stringeva a se dicendomi che ero bella come una vergine,
gli confessai il mio rammarico di non aver mai potuto donare
a nessuno la mia verginità e aggiunsi che, se l’avessi
avuta, l’avrei donata a lui-
Gigì, sorpresa di quella mia affermazione esclamò:
-Com’è possibile che tu
non sia mai stata vergine?... Ad ogni modo, mia cara, farsi
sverginare non è una cosa piacevole!-
Replicai:
-Non è vero! E’ bellissimo perché Renato
mi ha sverginata-
Al massimo della meraviglia la mia amica eslamò di
nuovo:
-Senti, senti!... Come ti ha sverginata?-
-Con delle stupende parole; quelle parole che, dopo, seguitano
a cantarti dentro annullando ogni dolore fisico, le uniche
che non ti fanno rimpiangere di aver donato la tua verginità.
Ebbene quelle parole Renato me le ha dette perché non
avvertissi dolore per quella lacerazione-
Gigì, sempre più confusa:
-Quello che accade a te non l’ho
mai sentito da nessuno! Anche se fosse frutto della tua fantasia,
sai raccontare il tutto talmente bene che sarebbe impossibile
non crederti! Cos’altro è successo per ridurti
in questo stato?-
-Tornando a Roma, mi sono tornate in mente le parole di Aldo,
quando mi consigliò di chiedere... di fare domande-
Gigì sentenziò di nuovo:
-A me questo Aldo non mi convince! Ti
fa l’amico e poi, quando ti vede felice accanto ad un
altro uomo, ti dà dei pessimi consigli... Cos’altro
hai chiesto a Renato?-
-Tutto!-
-Tutto che?-
-Renato mi aveva accennato a dei figli, ma dal suo comportamento
mi ero convinta che fosse un uomo mezzo separato. Così,
mentre pranzavamo in un ristorante vicino a Firenze, gli chiesi
se faceva l’amore con la moglie-
Gigì, questa volta scattò spazientita:
-Ne facessi una giusta! Ma sono domande
da fare? Non ti ho sempre raccomandata di chiedere ad un uomo
il minimo indispensabile?- Poi, con tono affettuoso
-Cosa ha risposto alla tua domanda?-
-Mi ha risposto che va a letto con la moglie ogni volta che
ne sente il desiderio-
-E questo desiderio lo sente spesso?-
-Si! Mi ha anche confessato che tra loro c’è
una perfetta intesa sessuale e ha aggiunto che è un
uomo completamente soddisfatto di quello che ha e desidera
conservarlo-
Gigì sbarrò gli occhi dallo stupore:
-Se non altro è un uomo sincero!
Ti ha risparmiato tutte quelle stupidaggini della moglie frigida
della carenza d’affetto... Gli hai chiesto perché
dice d’amarti?-
-Perché è un porco. Ecco chi è Renato...
soltanto un porco!-
A quelle mie parole Gigì si ribellò, come se
avessi buttato fango nel suo salotto:
-Non posso crederlo! Un signore come
lui!-
La mia voce diventò nuovamente dura quando affermai:
-I porci peggiori sono proprio quei "signori", come
li chiami tu!-
Per la mentaltà di Gigì incontrare un suo cliente
fuori del salotto, era già in se incomprensibile; innamorarsene
poi era addirittura immorale:
-Evidentemente è attratto da
un amore spirituale! Tu stessa mia hai confermato più
volte che lo scopo dei vostri incontri non era quello di andare
a letto, altrimenti Renato avrebbe seguitato a vederti da
me! Io continuo a sostenere che è un uomo onesto, ti
ha risposto in quel modo per non crearti false illusioni:
non vuole farti soffrire. Gli amici del salotto sono tutti
uomini per bene che tengono all'onorabilità loro e
della famiglia! Lo frequentano proprio perché da me
non rischiano d’incorrere in complicanzioni di nessun
genere tantomeno in quelle sentimentali. Molti di loro usano
nomi fittizzi, proprio per le ragioni che ti ho detto; in
tutta la mia lunga carriera tu e Renato siete stati l’unica
eccezione alla regola-
Ed io, rafforzando il concetto appena espresso:
-Anche Renato fa parte di quella categoria di uomini che hanno
tutto dalla famiglia e dalla vita… persone soddisfatte!
Mantenga pure il suo "tutto". Continui pure a pagarsi
un’ora d’illusione… mi aveva conosciuto
da te, quindi ne concludo che è solo un volgare opportunista;
non appena gli dissi che mi piacevano le favole lui me ne
raccontò subito una; perché mi ha ripagata in
questo modo?-
Gigì era sempre pronta a coccolare i suoi amici, ma
questa volta avvertiva che quella fiducia incondizionata che
nutriva nei loro riguardi, era stata tradita:
-Mi fai sentire quasi responsabile di
avertelo presentato, ma come potevo immaginare che un giorno
avresti pianto per lui! Non ho mai pensato che potessero accadere
certe cose! Se mi avessi dato retta! Non posso ancora credere
che Renato sia un disonesto! Quando venne a trovarmi per dirmi
che si era innamorato di te l’ho sentito sincero. Renato
è un uomo leale, dev’essere accaduto qualcos’altro
per risponderti in quel modo. Tu travolgi le persone, le porti
alle stelle e poi, improvvisamente, le aggredisci e distruggi
tutto. E’ accaduto altre volte, non puoi smentirmi:
perché, se desideri tanto un amore, quando ne trovi
uno perché ti comporti così? Sei capricciosa
come una bambina! Basta una risposta diversa da quella che
vorresti e subito scatta in te la voglia di aggredire, di
dire cose cattive. Proprio come i bambini che amano i loro
giocattoli, ma li distruggono! Tu non sei più una bambina!
Non devi considerare gli uomini dei giocattoli. Da quando
ti conosco, ne ho visti di uomini soffrire per te! Sembra
che tu prova gusto ad umiliarli e umiliarti. Trovassi io un
amore!… Come saprei conservarmelo mia cara!… Ma
ormai!-
E, allargandodo sconsolatamente le braccia, proseguì:
-Penso che Renato ritelefonerà!
Ma tu smettila di fare i capricci. Renato è un uomo
che non si fa umiliare! Nei momenti in cui aggredisci, non
ti rendi conto di come il tuo viso si trasformi! Ti ho vista
più di una volta… sei una maschera d’odio
e di dolore; indurisci talmente i lineamenti che mi spaventi!
E poi quella risata, cosi simile ad un singhiozzo!-
Mi alzai, andai verso la porta finestra e mostrai alla mia
amica le rose azzurre:
-Guardale! Sono sbocciate durante la mia assenza, la più
bella l’ho regalata a Renato nel salutarlo-
-E’ stato un gesto d’amore,
chissà cosa credevo che tu avessi detto ancora! Ora
sono più tranquilla!-
Specificai:
-Non è stato un gesto d’amore, né un atto
di generosità: l’ho voluto umiliare! La generosità
si trasforma in carità, in pietà... dipende
dalle circostanze. Per questo io non chiedo mai-
Quando Gigì lasciò la mia casa, rientrai in
salotto, spensi il lampadario di vetro di murano dai riflessi
d’oro, accesi il lume di opaline azzurro che, con la
sua luce diffusa, ammorbidì ogni angolo della stanza,
regalando alle figure del disegno un’espressività
inquetante, tanto che distolsi lo sguardo da loro: non volevo
influenzassero i miei pensieri. Dalla porta finestra si affacciava
la luna col suo faccione rassicurante, mi sedetti dietro lo
scrittoio, presi il diario, cominciai a sfogliarlo e, arrivata
alla pagina dove raccontavo il mio incontro con Renato, mi
parve di udire una voce di bambina che canterellava: "Tutti
i tuoi se, i tuoi perché, i sogni tuoi, i dubbi tuoi,
quello che vuoi e che non vuoi parlane a lui, ti capità,
risponderà".
Mi guardai attorno, ero sola.
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